La FIBRILLAZIONE ATRIALE (FA) è l’aritmia di più frequente riscontro nella pratica clinica. E’ caratterizzata da un’attività elettrica non coordinata con conseguente perdita della contrattilità atriale. Tale fenomeno rende ragione sia dei sintomi avvertiti dal paziente, sia dei potenziali effetti nocivi legati all’aritmia stessa.

Fattori di rischio

Tra i FATTORI DI RISCHIO gioca un ruolo importante l’età avanzata, ma sono molte le comorbilità che si associano a FA quali: ipertensione, diabete, scompenso cardiaco, malattia delle coronarie, insufficienza renale cronica, l’obesità, la sindrome delle apnee notturne e la presenza di attività voluttuarie nello stile di vita quali, essenzialmente, l’assunzione di alcolici.

Per lungo tempo considerata un’aritmia benigna, ha dimostrato, negli ultimi anni, di avere una storia clinica avversa. In particolare è gravata da un incremento di mortalità pari a 1,5-3,5 volte rispetto alla popolazione sana con riduzione dell’aspettativa di vita da 2 a 3 anni, un incremento del rischio di stroke, del rischio di scompenso cardiaco,  di demenza sia vascolare che Alzheimer, nonché di aumento delle ospedalizzazioni, di depressione del tono dell’umore e di riduzione della qualità della vita.

Per quanto concerne i SINTOMI la FA si può manifestare in svariati modi, da forme completamente asintomatiche, riscontrate casualmente, magari durante un elettrocardiogramma effettuato per altri motivi, a forme caratterizzate da comparsa di cardiopalmo, dispnea ed astenia.

Quando presente un sintomo chiaro è semplice da DIAGNOSTICARE mediante un elettrocardiogramma. A volte, soprattutto nelle forme parossistiche, magari di breve durata e ancor più nelle forme asintomatiche possono essere d’aiuto i sistemi di monitoraggio elettrocardiografico sia esterni che impiantabili, che indossabili come per esempio lo smartwatch, i monitoraggio Holter di lunga durata o altri dispositivi come contemplato dalle linee guida.

Terapia

La TERAPIA cardine della FA consta di un approccio integrato che preveda la terapia anticoagulante per scongiurare il rischio ictus, gli interventi per il controllo del ritmo e, in casi selezionati, gli interventi per il controllo della frequenza. La terapia anticoagulante orale va iniziata quanto prima possibile seguendo le indicazioni che emergono dalla bilancia rischio ischemico-rischio emorragico. Oggi la maggior parte dei pazienti vengono trattati con i “nuovi” farmaci anticoagulanti che hanno rimpiazzato quasi completamente la vecchia terapia con il coumadin che resta indicato solo in alcune classi di pazienti quali i portatori di valvole cardiache meccaniche, quelli con stenosi mitralica e quelli con insufficienza renale in stadio molto avanzato.  Il controllo del ritmo identifica una strategia terapeutica che ha l’obiettivo di ripristinare e mantenere il ritmo sinusale mediante una combinazione di approcci quali la cardioversione, sia farmacologica che elettrica e l’ablazione transcatetere. La cardioversione è un intervento  momentaneo che mediante un reset elettrico permette, nella maggior parte dei pazienti, il ripristino del ritmo sinusale, senza interferire però con il substrato aritmico e sulle eventuali recidive. Circa il 50% dei pazienti mostreranno recidiva di FA ad un anno dalla cardioversione, nonostante la terapia farmacologica profilattica. L’ablazione transcatetere, invece, modificando il substrato aritmico, costituisce la cura della FA, essendo efficace nell’85-90% dei casi che non presentano rimodellamento atriale e nel 75- 80% dei cosi con rimodellamento atriale, alla prima procedura. In caso di recidive l’ablazione può essere ripetuta dopo opportuno periodo di attesa (circa 2 mesi), tempo necessario perché le lesioni effettuate cicatrizzino e creino la lesione efficace.

Infine, la PREVENZIONE DELLE RECIDIVE prevede anch’essa un intervento combinato, sia farmacologico che comportamentale mediante l’attento controllo dei fattori di rischio.

Dr. Massimo Margheri, cardiologo di Domus Nova