Con il termine MICI (Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali) si indica uno spettro di malattie croniche dell’intestino caratterizzate da manifestazioni e sintomi di infiammazione, sostanzialmente: diarrea, dolore addominale e perdita di peso.

Le due varianti più frequenti sono la Malattia di Crohn e la Rettocolite Ulcerosa, ma queste costituiscono gli estremi bianco e nero di una vasta scala di grigi che annoverano forme cosiddette indeterminate, sostanzialmente con caratteristiche intermedie.

Considerate “quasi rare” fino agli anni ‘70 oggi queste malattie sono diventate potremmo dire “quasi comuni” specialmente nella fascia di età dei ragazzi e giovani adulti in cui osserviamo il picco di diagnosi (12-35 anni).

L’infiammazione dell’intestino non è persistente dalla diagnosi in avanti: chi ne è affetto sperimenta infatti lunghi periodi di “remissione” in cui la sintomatologia è assente o minima, alternati ad episodi di “riacutizzazione” in cui i sintomi tornano a manifestarsi.

Benché si tratti di patologie croniche (che durano cioè tutta la vita) e potenzialmente invalidanti, occorre sottolineare che la maggior parte dei pazienti conducono una vita completamente normale senza alcuna rinuncia nella vita sociale, nella vita lavorativa o nello sport,  ed anche a tavola si può in gran parte dei casi continuare a mangiare secondo le proprie abitudini.

La malattia di Crohn può interessare sia il colon che l’intestino tenue ed i sintomi sono rappresentati per lo più da diarrea e dolore addominale. Solo quando la malattia produce una delle complicanze più frequenti, la “stenosi” (vale a dire un restringimento di un tratto dell’intestino), si possono associare i sintomi dovuti a un difficoltoso transito intestinale, vale a dire gonfiore addominale, senso di ripienezza prima ancora di terminare il pasto, nausea e talvolta vomito.

La rettocolite ulcerosa interessa invece solo il colon. L’infiammazione interessa più frequentemente solo i segmenti terminali del colon (sigma e retto), ma può in alcuni casi estendersi a tutto il grosso intestino. In questo caso il sintomo caratteristico (e quasi unico) è la diarrea con muco e soprattutto con sangue.

La causa di queste patologie è a tutt’oggi sconosciuta anche se la continua ricerca in questo campo ci permette di affermare che si tratta di malattie non propriamente dell’intestino, ma che l’intestino è una “vittima” di un malfunzionamento del sistema immunitario, che per motivi ancora non chiari scatena nell’intestino, apparentemente senza motivo, una reazione infiammatoria simile a quella che si realizza in caso di infezione intestinale da batteri o virus. Secondo le più recenti teorie quel che di fatto accade è che in seguito ad una infezione (ad esempio una gastroenterite) la normale reazione infiammatoria non si interrompe come dovrebbe ma persiste nonostante sia già stato efficacemente eliminato il batterio o virus che l’aveva scatenata.

La terapia delle malattie infiammatorie intestinali è in larga parte farmacologica. Quando l’infiammazione è attiva (all’esordio della malattia o durante le riacutizzazioni) i farmaci utili a spegnerla sono costituiti dagli anti-infiammatori come la mesalazina (una lontana cugina dell’aspirina, ma pressoché priva di effetti collaterali), da alcuni antibiotici intestinali e, se necessario, da brevi cicli di cortisone. Il cortisone è un farmaco molto potente ed efficace per spegnere rapidamente i sintomi, tuttavia il suo uso va limitato il più possibile e soprattutto non va usato per lunghi periodi a causa di gravosi effetti collaterali anche permanenti che può provocare se usato in maniera impropria (osteoporosi, diabete, ipertensione, cataratta, ecc).

Nelle fasi di remissione della malattia in alcuni casi è utile proseguire un trattamento di mantenimento con la mesalazina a bassi dosaggi mentre in alcuni pazienti potrebbe non essere necessario alcun trattamento.
Per le forme più aggressive sono oggi a disposizione dei medici farmaci biotecnologici che spengono l’infiammazione ad un livello molecolare. Si tratta in buona sostanza di immunomodulatori somministrati per via endovenosa o per via sottocutanea. Nella maggior parte dei pazienti con forme di infiammazione più severa questi farmaci permettono di avere un buon controllo dell’infiammazione e permettono ai pazienti di conservare uno stile di vita completamente normale. Va comunque ricordato che si tratta di farmaci importanti, che vanno accuratamente gestiti dai medici esperti in questo campo, perché la loro potenza può essere un’arma a doppio taglio e determinare effetti collaterali non banali.

I giovani pazienti che scoprono di essere affetti da una malattia infiammatoria cronica intestinale sono comprensibilmente preoccupati per la propria salute e per il loro futuro, ma oggi possiamo affermare che una gestione attenta e precisa di questa patologia dai medici esperti in questo campo, in collaborazione con i pazienti stessi, può permettere a chi ne è affetto di condurre una vita assolutamente normale e priva di limitazioni.

Dott. Andrea Calafiore

Gastroenterologia – Endoscopia digestiva